[Shale Gas: The View from Russia]
La storia ufficiale dello shale gas (gas di scisti) è più o meno questa: i recenti progressi tecnologici delle compagnie energetiche americane hanno reso possibile mettere in produzione un abbondante, ma precedentemente inaccessibile, fonte di gas naturale pulito e amico dell'ambiente.
Questo ha fatto diventare gli Stati Uniti leader mondiale della produzione di gas naturale, superando la Russia e preparandosi per mettere fine al monopolio russo del gas in Europa.
Inoltre, questo nuovo shale gas viene trovato in molte parti del mondo e favorirà, a tempo debito, la maggior parte dei paesi del mondo nel raggiungere l'indipendenza dai tradizionali produttori di gas. Di conseguenza, la capacità di quei paesi con grandi riserve di gas naturale – Russia ed Iran – di controllare il mercato del gas naturale si ridurrà, insieme alla loro influenza geopolitica.
Se fosse così, ci dovremmo aspettare che il Cremlino e la Gazprom se la stiano facendo sotto. Ma è così? Ecco ciò che ha detto recentemente il presidente della Gazprom, Alaxei Miller, alla Süddeutsche Zeitung: “Lo shale gas è una campagna globale di pubbliche relazioni ben organizzata. Ce ne sono molte: il raffreddamento globale e i biocarburanti”.
martedì 8 maggio 2012
martedì 1 maggio 2012
Rendere Internet sicuro per l'Anarchia
Supponiamo di voler raggiungere qualche effetto politico significativo, diciamo prevenire o fermare una guerra ingiusta. Potremmo organizzare dimostrazioni enormi con centinaia di migliaia di persone che scendono in strada, urlano slogan ed agitano striscioni contro la guerra. Potremmo scrivere editoriali duri sui giornali e sui blog denunciando la falsità del casus belli. Potremmo scrivere, telefonare e mandare email ai nostri rappresentanti eletti e non eletti, chiedendo loro di mettere un freno a ciò e loro risponderebbero che naturalmente ci proveranno... a proposito, potreste dare un contributo alla campagna? Potremmo anche arrabbiarci, dare fuori di brutto, fare schiuma e perdere il sonno e l'appetito a causa della cose che il nostro paese sta per fare o sta già facendo. Ciò fermerebbe la guerra? Ahimè, no. Quanta gente ha protestato per la guerra in Iraq? E cosa abbiamo ottenuto? Esattamente niente.
domenica 26 febbraio 2012
Un po' di paglia in fondo al dirupo
[ A Pile of Straw at the Bottom of the Cliff ]
[Grazie, Massimiliano Rupalti!]
C'è un vecchio detto russo che dice: “Se avessi saputo dove sarei caduto, ci avrei messo sotto un po' di paglia” (“Знал бы, где упаду—соломки бы подостлал”). E' uno delle migliaia di detti che sono i depositari dell'antica saggezza popolare. Normalmente viene utilizzato per esprimere l'inutilità di tentare di anticipare l'inatteso. Qui, gli do un'accezione scherzosa, per sottolineare la follia del rifiuto di anticipare l'inevitabile.
Ho cominciato a pensare a queste righe quando sono stato invitato a parlare alla conferenza annuale di ASPO (Association for the Study of Peak Oil) che si è tenuta a Washington nell'ottobre dello scorso anno. Si profilava come qualcosa tipo un giro d'onore per il movimento del Picco del Petrolio, ora che il momento in cui il petrolio convenzionale globale aveva raggiunto il suo picco storico è veramente ben alle nostre spalle, mentre le più recenti risorse non convenzionali di combustibili liquidi si sono rivelate non abbastanza abbondanti e troppo costose sia per il portafogli che per l'ambiente. Vorrei usare questa opportunità per provare ancora a correggere quello che vedo come il maggior difetto della narrativa sul Picco del Petrolio: l'idea di un declino gentile e geologicamente gestito della produzione di petrolio, che sembra molto irrealistico, come ho detto nei dettagli nel mio articolo “Il Picco del Petrolio è Storia passata” più di un anno fa. Ma volevo anche guardare oltre a questo, abbozzare qualche piano che funzionasse, dopo che la produzione di petrolio si sarà tuffata da un dirupo, e cosa servirebbe per farli decollare.
[Grazie, Massimiliano Rupalti!]
C'è un vecchio detto russo che dice: “Se avessi saputo dove sarei caduto, ci avrei messo sotto un po' di paglia” (“Знал бы, где упаду—соломки бы подостлал”). E' uno delle migliaia di detti che sono i depositari dell'antica saggezza popolare. Normalmente viene utilizzato per esprimere l'inutilità di tentare di anticipare l'inatteso. Qui, gli do un'accezione scherzosa, per sottolineare la follia del rifiuto di anticipare l'inevitabile.
Ho cominciato a pensare a queste righe quando sono stato invitato a parlare alla conferenza annuale di ASPO (Association for the Study of Peak Oil) che si è tenuta a Washington nell'ottobre dello scorso anno. Si profilava come qualcosa tipo un giro d'onore per il movimento del Picco del Petrolio, ora che il momento in cui il petrolio convenzionale globale aveva raggiunto il suo picco storico è veramente ben alle nostre spalle, mentre le più recenti risorse non convenzionali di combustibili liquidi si sono rivelate non abbastanza abbondanti e troppo costose sia per il portafogli che per l'ambiente. Vorrei usare questa opportunità per provare ancora a correggere quello che vedo come il maggior difetto della narrativa sul Picco del Petrolio: l'idea di un declino gentile e geologicamente gestito della produzione di petrolio, che sembra molto irrealistico, come ho detto nei dettagli nel mio articolo “Il Picco del Petrolio è Storia passata” più di un anno fa. Ma volevo anche guardare oltre a questo, abbozzare qualche piano che funzionasse, dopo che la produzione di petrolio si sarà tuffata da un dirupo, e cosa servirebbe per farli decollare.
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