Joel Robison |
Ma forse posso essere perdonato per questo peccatuccio, è solo la natura umana che cerca di trovare un pò di ottimismo in qualsiasi cosa. Poi, come ingegnere, cerco sempre una soluzione ai problemi. E così ho quasi inconsciamente spiegato una situazione in cui la civiltà industriale svanisce abbastanza rapidamente per salvare quel che resta del regno naturale, permettendo a qualche scampolo di umanità di ricominciare.
Idealmente tutto potrebbe cominciare con un crollo finanziario globale, innescato da una catastrofica perdita di fiducia in tutti gli strumenti della finanza globalizzata.
Questo porterebbe rapidamente ad un collasso dei commerci dovuto alla rottura della catena di fornitura globale e ad un effetto domino. Se si fermassero tutte le attività, le entrate fiscali si ridurrebbero a zero, e ne seguirebbe un collasso politico su vasta scala, a tutti i livelli, permettendo a piccoli gruppi di persone di ritornare a varie forme di anarchia, ad una forma autonoma di autogoverno. Qualche gruppo con una certa coesione sociale troverebbe un accesso diretto alle risorse naturali e alla ricchezza culturale (con relazioni interpersonali e ritornando alle tradizioni orali) e sopravviverebbe, mentre il resto degli uomini scomparirebbe in poco tempo.
Naturalmente, ci sarebbero problemi anche in questo scenario. Prendiamo, per esempio, il problema del “dimming” globale.
Il fenomeno può essere spiegato facilmente: la luce solare viene riflessa nello spazio dalla nebbia nell’ atmosfera e dalle particelle generate dalla combustione di combustibili fossili, riducendo la temperatura media globale di ben più di un grado Celsius ( il blocco del traffico aereo seguito agli attacchi terroristici dell'11 Settembre ha permesso agli scienziati del clima di misurare questo effetto). Se le attività industriali dovessero fermarsi improvvisamente, la temperatura media globale farebbe un balzo verso l'alto di un paio di gradi Celsius, cosa questa considerata molto, molto male davvero.
In secondo luogo, anche se tutta l'attività industriale dovesse finire domani, il riscaldamento globale, attribuibile per il 95 % alle attività umane, dal più recente ( piuttosto conservatore e prudente) rapporto dell'IPCC, dovrebbe continuare a ritmo sostenuto per buona parte del prossimo millennio, portando il clima della Terra ad un livello senza precedenti dalla nascita della specie umana.
Su un pianeta come questo, dove l'oceano, all’equatore, sarà più caldo di una vasca idromassaggio e gli alligatori popoleranno le zone artiche, la nostra sopravvivenza come specie umana sarà tutt'altro che assicurata.
Eppure, guardiamo le cose con ottimismo, noi siamo molto adattabili.
Sì, i mari saliranno e inonderanno le zone costiere dove oggi abita più della metà della popolazione.
Sì, terreni agricoli nell'entroterra diventeranno aridi e saranno spazzati via e travolti dalle piogge torrenziali periodiche.
Sì, i tropici prima, e le latitudini temperate poi, diventeranno troppo caldi e tutti quelli che ci vivranno moriranno per i colpi di calore. Ma se questo processo durerà per secoli, solo pochi qualche banda di superstiti e di tribù più forti troverà il modo per migrare più a nord e imparare a sopravvivere inventandosi una qualche esistenza in equilibrio con quello che resterà dell'ecosistema.
Possiamo provare a capire come potrà essere questa sopravvivenza leggendo la storia del passato.
Quando il capitano James Cook sbarcò sulle coste australiane fu il primo uomo bianco ad incontrare gli aborigeni, che avevano fino a quel momento vissuto in perfetto isolamento per qualcosa come 40.000 anni. (Arrivarono in Australia circa nello stesso periodo in cui in Europa l'uomo di Cromagnon scacciò l'uomo di Neanderthal ). All'epoca gli aborigeni parlavano una miriade di lingue e dialetti diversi, senza possibilità, né motivo di un qualsiasi tipo di unità. Vivevano senza vestiti e utilizzavano solo piccoli rifugi di fortuna per ripararsi. Avevano pochi strumenti oltre al bastone per scavare e cercare radici commestibili e per catturare qualche pesce. Non avevano scorte né magazzini e non conservavano nemmeno il minimo da utilizzare un giorno per l'altro. Non avevano interesse né per gli oggetti materiali di qualsiasi tipo, né per gli scambi commerciali, e benché avessero accettato dei vestiti e altri regali, li gettarono via appena Cook e il suo equipaggio furono lontani dalla loro vista.
Erano, osservò Cook nel suo diario, del tutto inoffensivi, ma certe azioni degli uomini di Cook li facevano infuriare. Si offesero nel vedere che gli uccelli venivano catturati e messi in gabbia, e chiesero di lasciarli immediatamente liberi.
Mettere in gabbia chiunque, animale o persona, era per loro “tabù”. E si infuriarono ancora di più quando videro gli uomini di Cook catturare non solo una, ma diverse, tartarughe. Le tartarughe sono animali che crescono lentamente ed è facile annientare la loro popolazione con un bracconaggio indiscriminato, motivo per cui era consentito solo prendere una tartaruga alla volta, e solo da una persona appositamente designata, responsabile per il benessere delle tartarughe.
Cook li considerò uomini primitivi, ma era lui a non capire.
Sapendo quello che sappiamo oggi, gli aborigeni ci sembrano abbastanza avanzati. Vivendo su un'isola enorme, per lo più arida e sterile, con poche piante autoctone di un qualche interesse agricolo e senza animali addomesticabili, avevano capito che la loro sopravvivenza era strettamente legata all'equilibrio del regno naturale circostante. Per loro, gli uccelli e le tartarughe erano più importanti di loro stessi, perché questi animali avrebbero potuto sopravvivere senza di loro, ma nessun uomo avrebbe potuto sopravvivere senza questi animali.
Averli chiamati “esseri primitivi” è un bell'esempio di colossale primitivismo culturale. Alla Conferenza - "L’età dei Limiti”- tenutasi all'inizio di quest'anno, a un certo punto la discussione si spostò sul perché il regno naturale deve essere protetto anche a costo della vita umana. ( Per esempio: possiamo permettere ai bracconieri di cacciare nei parchi protetti, se le loro famiglie stanno morendo di fame?)
Un tizio, sdraiato su una sedia di fronte al podio, disse la sua opinione più o meno in questo modo: " Vale la pena sacrificare ogni singolo animale pur di salvare anche una sola vita umana!". Questa affermazione mi tolse il fiato, per me era un pensiero così primitivo che il mio cervello si rifiutava di funzionare ogni volta che cercavo di rispondergli. Dopo aver lottato con me stesso per un po', ecco le mie considerazioni.
Vale la pena distruggere tutta una macchina per salvare solo il volante ? A che serve un volante senza un’auto? Beh, suppongo che, se si è particolarmente stupidi o inesperti, ci si può giocare fingendo di essere su una macchina e facendo "Vroom vroom" con la bocca.
Diamo un'occhiata a questa domanda da un punto di vista economico, per il fatto che gli economisti tendono a pensare al regno naturale solo in termini di valore economico. Questa è la stessa cosa di quando guardiamo al nostro corpo in termini di contenuto nutrizionale, e quanto può farci star bene un buon pasto.
Certo, volendo guardare al pianeta dallo stesso punto di vista, la cosa non funziona bene, perché si tratta dell’unico e solo pianeta vivente che noi usiamo come un magazzino di materie prime da saccheggiare. Ma poi si scopre che la maggior parte della nostra "ricchezza" in termini economici deriva proprio dai "servizi eco-sistemici" che riceviamo senza pagarli.
C’è acqua abbastanza pulita per bere, aria abbastanza pulita per respirare, un ambiente con una temperatura né troppo fredda né troppo calda che permette la sopravvivenza dell’umanità in gran parte del pianeta, ci sono foreste che purificano e umidificano l'aria e rendono la temperatura sulla terra moderata, ci sono le correnti oceaniche che disciplinano gli eventi climatici estremi e permettono di coltivare i campi, ci sono gli oceani (che erano ) ricchi di pesci, ci sono i predatori che mantengono l’equilibrio tra le specie ecc…
Se fossimo costretti a usufruire di questi stessi servizi pagandoli, andremmo immediatamente in bancarotta, e poi, in breve tempo, ci estingueremmo.
Il nostro problema più grande non è che non possiamo trasferirci su altri pianeti, è che non ce lo possiamo permettere. Se potessimo dare un valore alla ricchezza naturale trattandola come una attività economica ci renderemmo presto conto che l'uomo distrugge continuamente molta più ricchezza di quanta ne crei, quindi l'economia è un gioco a somma negativa. Poi andremmo a scoprire anche che non sappiamo nemmeno come funzionano questi "servizi degli eco-sistemi" né quale sia il loro giusto equilibrio e che possiamo solo prendere atto che è tutto complicato e interconnesso in modo sorprendente e imprevedibile.
Così, il buon uomo, che alla conferenza era disposto a sacrificare tutte le altre specie per il bene della sua, non potrebbe mai essere abbastanza sicuro che tra le specie che sarebbe disposto a sacrificare non sia compresa anche la sua.
Inoltre, vale la pena ricordare che, di fatto, stiamo sacrificando la nostra specie da parecchi secoli, per amore di qualcosa che chiamiamo "progresso". Capitan Cook navigò intorno alle isole del Pacifico per "scoprire" che i polinesiani le avevano scoperte molti secoli prima. La sua ciurma di marinai ubriachi e avidi diffuse malattie veneree, alcolismo e corruzione, lasciando rovine sulla loro scia ovunque andassero.
Dopo la peste portata dai marinai arrivò quella portata dai missionari, che fecero indossare alle donne tahitiane, che andavano a seno nudo, dei vestiti da “vecchie puritane” e cercarono di spiegare che la fornicazione era contro la legge. Ma i tahitiani avevano una cultura sessualmente avanzata ed avevano una dozzina di termini diversi per definire la fornicazione, a seconda di ogni atto sessuale. Così i missionari incontrarono un problema tecnico : vietare qualsiasi atto sessuale non avrebbe risolto niente, mentre un divieto che elencava tutti gli atti sessuali praticabili sarebbe stato letto come un altro Kama Sutra. Invece i missionari scelsero di promuovere una propria“griffe del sesso : La Posizione del Missionario ", che si spiega facilmente con due sole posizioni – sopra e sotto. E’ una posizione base che è meglio di una doccia fredda, meglio di mettersi un rossetto blu o di non respirare.
Dubito comunque che a Tahiti l'abbiano usata molto.
I tahitiani continuano ad esistere, ma molte altre tribù e molte culture si estinsero, o continuano ad esistere in piccole comunità, tanto depressi da non essere interessati a fare altro che bere birra, fumare e guardare la televisione.
E quale gruppo ha avuto più successo? È stato quello che ha causato i danni maggiori. Così, la retorica sul "salvare la nostra specie dall'estinzione " sembra piuttosto fuori luogo : per parecchi secoli abbiamo fatto tutto il possibile per spingere la nostra specie verso l'estinzione nel modo più efficiente possibile e non vogliamo nemmeno cambiare direzione, perché questo “sarebbe da incivili”.
Perché, vedete, noi siamo persone colte, istruite, civili.
I lettori di questo articolo sono persone particolarmente illuminate, sanno di economia e dei problemi ambientali, il loro progressismo poggia sui tre pilastri che sostengono lo schema finanziario di Ponzi (1), sono contrari alle devastazioni ambientali e sono abituati a mangiare deliziosi alimenti biologici coltivati a Km Zero.
Tutti noi vogliamo sopravvivere al collasso ambientale, a condizione però che la strategia scelta per sopravvivere lasci uno spazio a principi come multiculturalismo, parità di genere - lesbiche, gay, i bisessuali, transgender, - amicalità e nonviolenza. Non siamo disposti a spogliarci e vagare nudi per le savane con un bastone per scavare tuberi commestibili. Preferiamo sederci intorno ad un tavolo e discutere di tecnologia verde, davanti a un bicchiere di birra ( ovviamente artigianale e fatta sottocasa), forse divagando di tanto in tanto, per capire bene le anche le opinioni di un qualsiasi Ped-erasmus da Ulm sui corsi e ricorsi infiniti e gloriosi della storia umana.
Noi non vogliamo cambiare il nostro modo di vivere, per vivere in armonia con la natura, vogliamo che la natura viva in armonia con noi, mentre continuiamo a vivere a modo nostro, come sempre.
Nel frattempo, stiamo continuando a fare la guerra contro i superstiti delle tribù che un tempo vivevano in equilibrio con la natura, offrendo "istruzione", "sviluppo economico" e la possibilità di giocare un ruolo, pur se minore, nel nostro rovinoso gioco della vita in cui abbiamo sempre perso, almeno in economia. Viste le alternative tra cui scegliere, spesso queste popolazioni hanno mostrato una propensione a non fare nulla e a restarsene ubriachi. Cosa che sembra una scelta perfettamente razionale, quantomeno minimizza il danno.
Ma il danno potrebbe già essere stato fatto.
Ecco un paio di esempi dei danni prodotti, ma se questi non bastassero a far capire, ce ne sono tanti altri …..
1.
Per verificare il primo esempio basta comprarsi un biglietto aereo per un paradiso tropicale qualsiasi e andarsene in un resort sul mare e svegliarsi presto la mattina e andare a guardare la spiaggia.
C’è un sacco di gente con la pelle scura, con carriole, secchi, pale e rastrelli che ripuliscono dai rifiuti del mare che si sono depositati sui surf durante la notte, lavorano per dare alla spiaggia un aspetto pulito, sicuro e presentabile per i turisti. Poi camminando lungo la spiaggia lontano dai villaggi turistici e dagli alberghi, dove nessuno rastrella o pulisce, troverete tanti di quei rifiuti che è quasi impossibile continuare a camminare sulla spiaggia. In mezzo ci sarà un po’ di materiale di origine naturale, come legno o alghe, ma la maggior parte dei rifiuti è composta di plastica.
Guardando bene si scopre che è una montagna piena di polipropilene, nylon, corde e boe di polistirolo galleggianti usate dall'industria della pesca. Poi si troverà una vasta gamma di recipienti monouso come creme abbronzanti, bottiglie di shampoo, flaconi di detersivi, bottiglie d'acqua, contenitori per fast food ecc.. Tifoni e uragani hanno un interessante effetto organizzatore sui rifiuti di plastica e separano mucchi di taniche di olio motore, accanto a mucchi di roba di plastica, a mucchi di bottiglie dell'acqua, come se qualcuno effettivamente si fosse preso la briga di metterli in ordine. Su una spiaggia vicino a Tulum in Messico una volta ho trovato un'intera collezione di sandali di plastica per bambini, tutti di colori, stili e annate diverse.
Le buste di plastica restano sulla spiaggia e si bio-degradano nel tempo, si scoloriscono e si rompono in pezzetti sempre più piccoli, con il risultato finale di diventare una schiuma di plastica microscopica, che può infestare l'ambiente per secoli. Distruggendo così l'ecosistema perché una molti animali confondono le particelle di plastica per cibo e le ingoiano. Il loro apparato digerente si intasa muoiono di fame. Questa è la devastazione che continuerà per molti secoli e che è già iniziata : il mare sta morendo. Su grandi aree di oceano, le particelle di plastica sono molto più estese del plancton, che costituisce la base della catena alimentare marina.
Ma la devastazione che provoca la peste della plastica continua anche sulla terra. Di solito si bruciano insieme materiali sanitari e rifiuti di plastica, perché riciclarli costerebbe troppo. La plastica può essere incenerita in modo relativamente sicuro e pulito, ma portando i forni a temperature estremamente alte, e solo in strutture specializzate. Le centrali elettriche possono bruciare plastica come combustibile, ma i rifiuti di plastica sono una fonte di energia diffusa che occupa un sacco di spazio e la spesa energetica e la manodopera che servono per trasportarli fino alle centrali elettriche sono troppo alti e spesso non conviene. Così tanti rifiuti di plastica vengono bruciati in fosse all'aperto, a basse temperature, e liberano nell'atmosfera una vasta gamma di sostanze chimiche tossiche, tra cui quelle che influenzano il sistema ormonale degli animali.
Gli effetti principali sono anomalie genitali, sterilità e obesità. L'obesità ha raggiunto proporzioni epidemiche in molte parti del mondo e colpisce non solo gli esseri umani, ma anche altre specie.
Eccolo, allora, questo è il nostro futuro : impianti chimici che continuano a sfornare materiali sintetici, la maggior parte dei quali si infiltrano nell'ambiente e lentamente lo distruggono con il loro carico di tossine. Mentre questo accade, le persone e gli animali per gli stessi motivi diventano obese, come bolle senza sesso. Prima scoprono che non riescono più a dare alla luce figli maschi fertili e questo sta già succedendo perché il numero degli spermatozoi umani sono in calo in tutto il mondo “sviluppato”. Poi non riusciranno far nascere nemmeno bambini normali – cioè : maschi senza anomalie genitali. Alla fine non nessuno potrà avere figli maschi, come è già successo ad un certo numero di specie marine.
Poi l’estinzione.
Non ci sarà bisogno di nessun disastro e di nessun incidente eclatante perché si arrivi ad uno scenario di questo genere, basterà andare avanti come al solito.
Ogni volta che si acquista una bottiglietta di shampoo o una bottiglia d'acqua o un panino che viene avvolto in plastica o sigillato in una scatola di vinile, si aiuta ad avvicinarci al disastro un po’ di più. Basta solo quello che industria petrolchimica (che produce materiale per incartare il cibo) e impianti chimici (che trasformano petrolio e gas in plastica) continuino a funzionare normalmente. Non sappiamo se la quantità di materie plastiche e tossine associate, già presenti nell'ambiente siano sufficienti a determinare una nostra eventuale estinzione.
Ma noi certamente non vogliamo rinunciare alla chimica di sintesi per tornare a come vivevamo prima del 1950, perché… il business ne risentirebbe.
Probabilmente nessuno vuole arrivare all’estinzione, ma tutti sanno che prima o poi, dovrà succedere… beh allora, prima che accada, meglio vivere in un modo confortevole e civile fino alla fine.
E la vita senza i sintetici moderni sarebbe scomoda. Vogliamo i pannolini e i pannoloni foderati di plastica sia per i bambini che per i vecchi !
Questo modo di pensare relega chi ha maturato una coscienza per la sopravvivenza, in un mondo astratto, in un livello impersonale, come se desiderasse che si verifichi al più presto un collasso finanziario, commerciale e politico globale. Sembra che si auspichi uno scenario catastrofico con una istantanea e massiccia perdita di fiducia e con la diffusione del panico nei mercati finanziari che livellasse tutte le piramidi del debito e bloccasse la creazione di credito. Il commercio si interromperebbe bruscamente perché nessuno avrebbe finanziamenti da investire. Nel giro di poche settimane, le catene di approvvigionamento globali si fermerebbero e nel giro di pochi mesi, le attività commerciali ferme provocherebbero la diminuzione a zero delle entrate fiscali e l’utilità dei governi diverrebbe irrilevante ovunque.
Nel giro di pochi anni, i restanti pochi sopravvissuti diventerebbero come Capitan Cook vide gli aborigeni australiani: quasi del tutto inoffensivi.
Una delle prime vittime del crollo sarebbero le idustrie energetiche, che sono tra le maggior imprese ad alta intensità di capitale. Poi seguono le aziende chimiche che producono materie plastiche e altre sostanze chimiche di sintesi e materiali organici: se i prodotti alla base dell'industria petrolchimica non fossero più disponibili, sarebbero costretti a bloccare la produzione.
Se siamo fortunati, tutta la plastica che si trova nell'ambiente non basta ancora per portarci tutti all’estinzione. La popolazione umana potrebbe diminuire se si arrivasse ad una decina di femmine riproduttrici (da un'analisi del DNA mitocondriale questo è il numero che sopravvisse all’Era Glaciale ), ma in una decina di millenni il clima si sarà probabilmente stabilizzato e l'ecologia della Terra si sarà rinvigorita come la popolazione umana. Forse non potremmo mai più raggiungere una civiltà tecnologica complessa, ma almeno potremo cantare e ballare, avere dei figli e, se fortunati, anche invecchiare in pace.
2.
Questo era lo scenario più semplice. Il prossimo esempio rende discutibile la possibilità di un crollo rapido e profondo. I primi sintomi vengono dalla fusione nucleare avvenuta negli impianti di Fukushima, in Giappone. Contrariamente a quanto il governo giapponese avrebbe voluto far credere a tutti, la situazione non è sotto nessun tipo di controllo. Nessuno sa che fine abbia fatto il combustibile nucleare uscito dai reattori che si sono fusi. E’ andato verso la Cina, c’è una Sindrome cinese?
Poi c'è la piscina di combustibile nucleare esaurito, che è piena e che perde. Se l'acqua che lo raffredda evaporasse, le barre di combustibile in fiamme si fonderebbero e / o esploderebbero e poi, secondo alcuni esperti nucleari, sarebbe il momento di evacuare tutto l'emisfero settentrionale. Il sito di Fukushima è talmente radioattivo che i lavoratori non possono avvicinarsi se non per pochissimo tempo, il che rende piuttosto fantasioso pensare che siano in grado di mantenere la situazione sotto controllo, né ora né mai. Ma possiamo essere sicuri che alla fine l'edificio, già gravemente danneggiato, in cui si trova il combustibile nucleare esaurito, crolli e, spargendo il suo contenuto, dia l’avvio alla fase due del disastro. Dopo di che non ci sarà nessuna possibilità per nessuno di andare a Fukushima, se non per morire di malattie da radiazioni.
Si potrebbe pensare che Fukushima sia il peggiore dei casi, ma impianti proprio come Fukushima punteggiano il paesaggio in gran parte del mondo sviluppato. Di solito sono stati costruiti vicino ad una fonte di acqua, che serve per raffreddare e per alimentare le turbine a vapore. Molti di quelli costruiti sui fiumi corrono il rischio di prosciugarli. Molti di quelli costruiti sul mare sono a rischio di inondazioni per l’innalzamento del livello degli oceani, delle mareggiate e degli tsunami. In genere, hanno creato delle piscine piene di scorie nucleari a caldo, perché nessuno ha trovato un modo per smaltirle. Tutti questi impianti avranno bisogno di energia per ancora molti decenni, per non rischiare di finire fusi proprio come Fukushima. Se si verificherà un certo numero di questi incidenti, allora si abbasserà il sipario sugli animali, come noi stessi, perché la maggior parte di noi morirà di cancro prima di raggiungere la maturità sessuale, e quelli che resisteranno non saranno in condizioni di produrre prole sana.
Una volta sono passato dall'aeroporto di Minsk, dove ho incrociato un gran gruppo di "bambini di Chernobyl" in viaggio per la Germania per cure mediche. Li ho guardati bene, e la loro immagine mi accompagna sempre. Quello che mi ha scioccato di più è la grande varietà delle anomalie dello sviluppo che si potevano vedere.
Non sembra che arrivare al collasso della civiltà industriale globale e abbandonare gli impianti nucleari a se stessi sia una buona opzione, perché segnerà il nostro destino.
Ma l'alternativa è quella di "continuare e fingere" e "continuare a dare calci ai barattoli per strada" mentre si continua a distruggere l'ambiente in tutti i modi pur di mantenere in attività le industrie : fracking idraulico, estrazione di sabbie bituminose, perforazioni nell'Artico ecc..E nemmeno questa è una buona opzione, perché segnerà il nostro destino in altri modi.
E così sembra che non ci potrà essere un lieto fine alla mia storia delle cinque fasi del collasso, le prime tre (finanziaria, commerciale, politica ) sono inevitabili, mentre le ultime due (sociale e culturale) dipendono da noi ma, ahimè, in molte parti del mondo sono già arrivate alla fine della strada.
Perché, vedete, c'è anche la sesta tappa che finora ho evitato di dire – il collasso dell’ambiente – che potrebbe lasciarci senza casa, perché avremo reso la Terra (il nostro pianeta) inabitabile.
Questo tragico esito potrebbe non essere inevitabile. E se non fosse inevitabile, allora questo sarebbe veramente l' unico problema che vale ancora la pena di risolvere.
La soluzione potrebbe avere dei costi quasi inimmaginabili sia in vite umane che in ricchezze, ma vorrei umilmente suggerire che può valere la pena di spendere tutto il denaro del mondo e anche un paio di miliardi di vite umane perché se non si trova una soluzione, quel tesoro e quelle vite umane sarebbero perse comunque.
Bisogna trovare una soluzione per evitare la sesta tappa, ma non si può sapere dove può portarci questa soluzione. Trovo pericoloso credere disinvoltamente che il collasso ci accompagnerà mentre noi continuiamo a pensare ai nostri problemi. Qualcuno potrebbe cominciare a sentirsi tanto depresso da farsi venire voglia di sdraiarsi (comodamente su qualcosa di caldo e morbido) e lasciarsi morire.
Ma qualcun altro potrebbe aver ancora la forza di lottare ed avere il desiderio di lasciare un pianeta in cui potranno sopravvivere i propri figli e nipoti. Ma non dobbiamo aspettarci che si useranno metodi convenzionali, ortodossi, rispettosi, educati e ragionevoli con gli “esuberi”.
Speriamo solo che abbiano un piano, e che lo portino avanti..
Note :
1. Lo schema di Ponzi è una semplice tecnica alla base di molte truffe finanziarie. Si tratta di una specie di catena di Sant'Antonio che assicura alte entrate a breve termine ai primi investitori grazie alle sottoscrizioni degli ultimi arrivati. Il truffatore sfrutta l'avidità delle persone, pronte a cullarsi nell'illusione di essere di fronte a un mago della finanza, in grado di procurare alti guadagni con pochissimi rischi.
Traduzione per ComeDonChisciotte.org a cura diBosque Primario